Endocardite

29/04/17

Indice delle voci di questa pagina:
Endocardite, Enervazione, Enterite, Enuresi, Epatite, Epatite A, Epatite B, Epatite C, Epatite D, Epatite E, Epatite infettiva del cane, Epatite autoimmune, Epatite alcolica, Epatite virale, Epidemie, Epilessia, Epistassi, Ereditarietà, Erisipela, Ernia, Eruzioni, Esaurimento nervoso, Esercizio, Esercizi di respirazione profonda, Esofagite, Estrogeni
    

Endocardite

      L’endocardite è l’infiammazione della mucosa che avvolge il cuore; coinvolge anche le valvole, causandovi anche alterazioni funzionali e lesioni organiche.
      È distinta in:
      - semplice (c’è solo l’alterazione del suono cardiaco);
      - maligna (accompagnata da febbre irregolare, sudori, anemia progressiva, emaciazione o sintomi di febbre tifoide o di meningite acuta);
      - e sclerotica.
      Può complicarsi più frequentemente con l’anormalità respiratoria o l’idropisia.
      Nell’endocardite maligna si forma un embolo che può alloggiare:
      nei polmoni (emottisi),
      nel cervello (producendo emiplegia o una monoplegia);
      nei reni (dolore lombare, sangue nelle urine);
      nella pelle (eruzione emorragica);
      nella milza (gonfiore);
      negli occhi (nevrite ottica ed emorragia della retina);
      nei grandi vasi degli arti (cancrena e aneurisma infettivo).
      L’endocardite si accompagna spesso ad altre affezioni come reumatismi, tonsillite, ecc. ma essi non sono le cause ma effetti del medesimo stato tossico che causa la malattia cardiaca.
      L’endocardite maligna non è mai primaria ma effetto di infezione purulenta (peritonite, assorbimento di pus, avvelenamento settico, ecc.).
      Il dottor Tilden, igienista, era certo che l’endocardite è dovuta, come tante altre malattie, alla tossiemia causata da abusi alimentari e mescolanze incompatibili che mantengono l’organismo in uno stato pletorico, ma anche al carattere collerico, ambizioso e vendicativo.
      Secondo gli igienisti le terapie mediche sono un fiasco e affermano che medicine (tra cui sedativi e stimolanti), sieri e vaccini giovano solo a danneggiare il cuore.
      Le cure igieniste consistono in un digiuno completo, - per riparare i danni del cuore e disintossicare il sistema, - sonno e riposo.
      In seguito => ALIMENTAZIONE SANA, evitando combinazioni incompatibili, e adozione di uno => STILE sano di vita (Ig27p27 - 29, Ig45p30).


    

Enervazione

      L’enervazione è ciò che, molti decenni dopo gli igienisti, Hans Selye chiamò stress.
      Scarsità di energia nervosa causata da uno stile di vita che consuma eccessivamente l’energia nervosa oppure che ne impedisce il recupero, per riposo o sonno insufficiente (Ig36p11).
      Altra causa di dispendio di energie nervose sono le sostanze nocive come il tabacco, il caffè, la cioccolata, il tè, l’oppio, l’alcol, le bevande gassate o analcoliche, le spezie, l’eccessivo uso di proteine e amidi, (essi irritano l’organismo e per tale motivo lo stimolano sprecando le energie vitali), l’eccesso di carezze, di gioia, di lavoro, di cibo, di bevande (ASN p45, Ig27p33, CVSALN p85), lo stare troppo al sole, nell’acqua, le docce fredde (JPR p66) o troppo calde, le saune, la stimolazione anche elettrica.
      Gli stimolanti sono la causa dei malesseri che sembrano curare (Ig31p12).
      Pure il consumo di alimenti concentrati produce un apporto improvviso di elementi nutritivi, che richiede un aggiustamento rapido nel tenore sanguigno, nel metabolismo epatico, surrenale e pancreatico, ecc. ed è sempre debilitante, inefficace, sprecante e snervante. è ciò che succede ancora di più con gli integratori vitaminici, minerali, ecc.(ALRDUSP c31).
      Anche lo scambiare il giorno con la notte, il gioco delle carte o qualsiasi altro svago che sottopone la persona a una tensione mentale o nervosa, paura, preoccupazioni, comportamento collerico o vendicativo, ecc. bugie, furto, altri fattori emozionali come dissapori coniugali, forti delusioni, l’esposizione al caldo e al freddo, l’uso di troppi o pochi indumenti e l’uso dell’imbroglio sono fattori di indebolimento. (IAIN p53 - 62).
      Gli organi e i tessuti sono profondamente innervati: se è scarsa l’energia nervosa, essi non saranno capaci di svolgere bene le loro funzioni. Ciò inibisce l’eliminazione degli scarti del metabolismo e favorisce l’accumulo di tossine nel sangue, detto => Tossiemia; diminuisce le secrezioni e le capacità digestive (Ig31p12).
      Secondo gli igienisti l’enervazione è il punto di partenza di tutte le => MALATTIE.
      In caso di scarsa energia le sostanze nocive presenti nell’intestino, che derivano dalla decomposizione del cibo non digerito, anziché essere eliminate prontamente, vengono assorbite e diventano fonte di infezioni (IAIN p56).
      Occorrono riposo mentale e fisiologico (digiuno), abbandono degli stimolanti, delle abitudini snervanti e delle emozioni negative come la collera e la sovreccitazione e superare i conflitti interni (Ig36p9 - 11, SRPLJ p191).
      Anche la posizione coricata favorisce il risparmio di energia (Ig31p18).
      Inoltre l’allenamento fisico graduale aumenta la disponibilità di energie nervose (Ig31p19).
      Lavorare rilassati.


    

Enterite

      L’enterite è l’infiammazione catarrale della mucosa intestinale. Le feci sono liquide, brunastre, variamente irritanti e frequenti, tre o quattro o anche venti il giorno.
      Salvo che anche il colon sia intaccato, la quantità di muco visibile non è troppo grossa, alimenti non digeriti possono essere presenti.
      Coliche, dolori addominali, dilatazione dell’addome con gas, rumori negli intestini e più o meno febbre accompagnano di solito la diarrea.
      Se lo stomaco è implicato (gastrite) nausea e vomiti sono pronunciati.
      Talvolta l’infiammazione si estende al canale biliare causando l’itterizia.
      Se il colon è implicato (colite), si avranno dei premiti e delle evacuazioni dolorose forzandole.
      Secondo l’igienismo:
      - L’enterite acuta necessita la sospensione immediata di ogni cibo.
      - Riposo, caldo e digiuno devono essere seguiti fino al ristabilimento totale.
      - L’enterite cronica è spesso accompagnata da anemia, emaciazione, depressione, ipocondria e nevrastenia e si cura allo stesso modo.
      - Il miglior rimedio per la diarrea è smettere di mangiare, riposarsi e non occuparsi degli intestini (Ig46p14).
      - Purganti e medicinali catartici spesso chiudono gli intestini come la pania (LA 2° p61).
      Il dottor Shelton affermava che:
      - l’enterite cronica è uno stato molto difficile da curare. Occorre molto tempo per avere dei risultati, per esempio due o tre digiuni e perfino di più ancora.
      - Tra un digiuno e l’altro occorre un controllo rigoroso dell’alimentazione. Occorre anche un riposo prolungato (JPR p298).
      Caso: Un paziente presentava i sintomi della colite o dell’enterite, o magari delle emorroidi. In realtà si trattava di un tappo, di feci, incollato all’intestino che fu rimosso con l’aiuto di un guanto chirurgico con dita oleate (JPR p289).

* * *


      La vitamina C è risultata benefica anche nella prevenzione dell’enterite regionale, la quale non è considerata precancerosa e in cui sono le membrane dell’ultimo tratto dell’intestino tenue - l’ileo – che si infiammano (e via via che la malattia si aggrava, il tessuto si gonfia di liquido, si perfora, sviluppa ascessi, diventa fibroso e si sviluppano fistole). Essa si verifica in persone che hanno livelli di vitamina C nel sangue nettamente inferiore a quelli di persone che hanno forme più lievi di enterite. Ancora più basso esso era in coloro che avevano anche delle fistole.
      Contrariamente a quanto sostengono ambienti medici, la somministrazione di vitamina C non riduce il livello della vitamina B12 (p497).


    

Enuresi

      È il fare la pipì a letto involontariamente.
      Secondo l’igienismo:
      - le cause sono: problemi digestivi, cibo eccessivo (specialmente troppo zucchero e dolciumi vari, abuso di burro, panna), troppi dolci o liquidi la sera (magari mangiando il cocomero), stimolanti (alimenti o bevande come caffè, tè, cacao, bevande gassate, ecc.), sovreccitazione, stanchezza, debolezza nervosa, il mangiare tra un pasto e l’altro, la paura (per punizioni, sgridate dei genitori o degli insegnanti, o storie di lupi ed orchi), medicine.
      - è utile un periodo di due o tre giorni di riposo a letto e dieta a base di frutta.
      - Non sgridare il bambino (AIAB p265, Ig47p4 - 5).


    

Epatite

      Nella letteratura igienista si legge che l’epatite è un’infiammazione del fegato, dovuta ai veleni, quali pepe, caffè, tè, cioccolato, senape, alcol, aceto, medicinali, fritture, trasfusioni di sangue, plasma o certi derivati ematici (Ig53p30), alimenti concentrati, cioè formaggi fermentati, frutti di mare, carne e pesce, albume d’uovo, leguminose, noci e altri abusi. Stando a un rapporto proveniente dalla Svezia anche le pillole contraccettive orali sono sospettabili di essere la causa di epatite e itterizia in donne che non ne hanno mai sofferto prima. (Pure altri medicinali, ad esempio la cloropromazina, possono causare l’itterizia) (Ig55p37).
      Nell’epatite acuta i sintomi sono costituiti da ingrossamento e dolore sordo del fegato, pesantezza, talvolta disturbi digestivi come nausea, flatulenza, anoressia, mal di testa e dolori nella regione dello stomaco. vomito, dolori addominali e ittero.
      (Riguardo alle trasfusioni è stato detto: “Ci sono 99 probabilità contro una sola che i trasfusi … sviluppino un’epatite” (Ig64p9)).
      Poi s’incolpano i virus, che, invece, non è per niente necessario eliminare perché aiutano il fegato a ripulirsi.
      I veri rimedi dell’epatite acuta sono il riposo e il digiuno (Ig35p4, LH17p2 - 4).
      Per l’epatite cronica (LA 2° p12) vedere => Congestione del fegato.
      Risp.: Andando in Paesi tropicali, è meglio evitare le pietanze piccanti, anziché ricorrere ai vaccini o ad altro (Ig28p35).
      Ad un lettore che affermava di avere un’epatite C da lunghi anni, la pressione a 21 e il polso a 100 e che chiedeva se doveva prendere qualcosa (latte di magnesia) per uccidere il virus, rispose: “Avete rischiato di morire. Secondo un medico con la pressione superiore a 23 si rischia la paralisi e la morte. Il virus non è la causa della vostra epatite e non bisogna combatterlo. Il latte di magnesia è un purgante che spossa il fegato e gli intestini.
      Restate a letto 24 ore, non mangiate niente, bevete acqua secondo la vostra sete e quando la vostra pressione sarà caduta a 16 e il vostro polso sarà calmato, prendete un brodo caldo di verdure, poi una zuppa di verdure. Niente frutti prima di 24 ore” (Ig64p32).

      Le cause più frequenti dell’epatite, secondo la medicina tradizionale, sono infezioni virali o batteriche, alcolismo cronico, patologie autoimmuni, assunzione di determinati farmaci.
      La medicina distingue l’epatite di tipo A, B. C, D, E, l’epatite virale, l’epatite alcolica, l’epatite autoimmune e anche l’epatite dei cani.

    

Epatite A

      Secondo la medicina l’epatite A è una malattia infettiva acuta del fegato causata dal virus dell’epatite A (HAV) Molti dei casi presentano pochi o nessun sintomo, soprattutto nei soggetti giovani: malessere, perdita di appetito, nausea, vomito, diarrea, pelle gialla, astenia, dolore addominale e febbre nella fase pre-itterica e urine scure, feci chiare, comparsa di ittero e prurito nella fase itterica. Nel 10% al 15% dei casi può verificarsi una ricorrenza dei sintomi durante i sei mesi successivi all’infezione iniziale. Può raramente verificarsi insufficienza epatica acuta, evento più comune negli anziani.
      Nel bambino, spesso asintomatico, la manifestazione prevalente è la diarrea. L’ittero, molto frequente negli adulti (70-80%), meno frequente nei bambini dai 6-17 anni (40-50%) è invece raro (meno del 10% dei casi) nei bambini piccoli sotto i 6 anni. L’epatite A non cronicizza mai.
      Solitamente l’epatite A si diffonde mangiando o bevendo cibi o acqua contaminati da feci infette, per il consumo di molluschi che non sono stati sufficientemente cotti, come le cozze, attraverso il contatto con una persona contagiosa, ad esempio condividendo lo stesso bagno senza la necessaria igiene delle mani oppure anche per via sessuale.
      Dopo una singola infezione l’individuo acquisisce una immunità per il resto della sua vita.
      Il vaccino antiepatite A è efficace per la prevenzione. Alcuni paesi lo raccomandano di routine per i bambini e per gli individui a più alto rischio che non sono stati precedentemente vaccinati.
      Ciò è importante nei Paesi in via di sviluppo, per scarsità di norme igieniche e con la difficoltà ad accedere a fonti d’acqua non contaminate.
      Le infezioni di solito si risolvono completamente e senza che vi sia un danno al fegato. Se si dovesse incorrere in un caso di insufficienza epatica acuta, l’unico trattamento possibile è il trapianto di fegato.
      I primi sintomi di epatite A possono essere scambiati per l’influenza, ma in alcuni malati, soprattutto nei bambini, la condizione potrebbe essere asintomatica. I sintomi di solito appaiono da 2 a 6 settimane (periodo di incubazione) dopo l’infezione iniziale, con una media di 28 giorni.
      Durante la fase acuta dell’infezione, il l’enzima epatico alanina transaminasi (ALT) è presente nel sangue a livelli molto più elevati di quanto sia normale. L’enzima proviene dalle cellule del fegato che sono state danneggiate dal virus.
      Il virus dell’epatite A è presente nel sangue (viremia) e nelle feci delle persone infette fino a due settimane prima che la malattia clinica si sviluppi.[21]
      Al 2014, non esiste un trattamento specifico per l’epatite A. I malati sono invitati al riposo, a evitare cibi grassi e bevande alcoliche (questi possono essere mal tollerati durante la fase di recupero e causano recidive), assumere una alimentazione ben bilanciata e rimanere idratati.
      I pazienti senza altre malattie concomitanti che si ammalano di epatite A guariscono generalmente tutti senza sequele cliniche, e la mortalità per epatite A è in genere dello 0,1% o comunque inferiore allo 0,5%, ma aumenta in soggetti anziani o debilitati.
      Raramente possono manifestarsi forme recidivanti, forme colestatiche o forme fulminanti, queste ultime hanno una mortalità dell’80%.
      Le misure per ridurre il rischio di infezione consistono nel lavaggio delle mani, nell’eliminazione dei liquidi e del cibo contaminato. L’acqua contaminata può essere purificata mediante clorazione, essendo l’HAV sensibile al cloro o per bollitura a temperature superiori ai 60 °C che denaturano il virus.
      È possibile sia l’immunizzazione passiva con immunoglobuline (che ha efficacia per 3-6 mesi) sia la vaccinazione anti epatite A consigliata per i viaggi nei Paesi a rischio, che protegge dopo 4 settimane.

    

Epatite B

      L’epatite B è una malattia infettiva, causata dal virus HBV.
      La trasmissione di epatite B avviene tramite esposizione a sangue infetto o a fluidi corporei come sperma e liquidi vaginali o siero infetto, uso di droghe, contatti sessuali, non attraverso cibo e fluidi. Il virus è comunque in grado di sopravvivere fino a 7 giorni nell’ambiente.
      La malattia provoca un’infiammazione acuta del fegato, vomito, ittero e, di rado, può portare alla morte. L’epatite B cronica può causare cirrosi epatica e un aumento drammatico di cancro al fegato, e si può prevenire con la vaccinazione[8].
      Tuttavia i sintomi possono non manifestarsi per molti anni. La corretta diagnosi di epatite B può però essere fatta solo studiando il dosaggio dei markers virali specifici. Le prove per la rilevazione di infezione da virus dell’epatite B prevedono analisi del siero o del sangue che rilevano entrambi gli antigeni virali (proteine prodotte dal virus) o anticorpi prodotti dal soggetto ospitante. L’interpretazione di questi test è complessa.
      L’infezione acuta da epatite B generalmente non richiede un trattamento poiché la maggior parte degli adulti è in grado di eliminare l’infezione spontaneamente. Il precoce trattamento antivirale può essere utile solo per meno dell’1% dei pazienti, il cui contagio avviene con un decorso molto aggressivo (epatite fulminante) oppure per soggetti immunocompromessi.
      Anche se nessuno dei farmaci attualmente disponibili può eliminare l’infezione, alcuni possono bloccare la replicazione del virus, riducendo così al minimo i danni al fegato.
      L’infezione da virus dell’epatite B può essere acuta o cronica. I pazienti con infezione acuta possono eliminare il virus spontaneamente nel giro di settimane o mesi.
      I bambini hanno meno probabilità degli adulti di eliminare l’infezione. Più del 95% delle persone che si infettano da adulti sono in grado di guarire completamente e sviluppare l’immunità al virus. Questo dato, tuttavia, scende al 30% per i bambini più piccoli e solo il 5% dei neonati che acquisiscono l’infezione dalla madre al momento della nascita sono in grado di eliminare l’infezione[52]. Questi presenteranno un rischio del 40% di morte, cirrosi o carcinoma epatocellulare[47].
      Riassumendo, l’infezione da virus dell’epatite B evolve in quattro situazioni correlate con la risposta immunitaria del soggetto infetto:
      Si può verificare:
"
      Un decorso acuto spesso asintomatico con completo recupero e acquisizione della immunità dall’infezione (89% dei casi);
"
      Epatite fulminante con mortalità del 90%: può richiedere il trapianto di fegato (1% dei casi);
"
      Infezione cronica: persistenza del virus nell’organismo con danno epatico (5-10% dei casi); in questo caso la malattia ha un andamento cronico e può compromettere la funzionalità epatica nel giro di 10-30 anni con l’insorgenza di cirrosi epatica o di carcinoma epatocellulare primitivo (di solito dopo che è già presente la cirrosi);
"
      Stato di portatore inattivo (5% dei casi): il virus persiste nel fegato ma non provoca danno epatico; può rimanere in questo stato anche tutta la vita, senza arrecare danni nemmeno a lungo termine. Risulta essere poco contagioso. (sintessi da it.wikipedi.org)

    

Epatite C

      L’epatite C è una malattia infettiva, causata dall’Hepatitis C virus (HCV), che colpisce in primo luogo il fegato. L’infezione è spesso asintomatica, ma la sua cronicizzazione può condurre alla cicatrizzazione del fegato e, infine, alla cirrosi, che risulta generalmente evidente dopo molti anni. In alcuni casi, la cirrosi epatica potrà portare a sviluppare insufficienza epatica, cancro del fegato, varici esofagee e gastriche.[1]
      L’HCV è trasmesso principalmente per contatto diretto con il sangue infetto, spesso dovuto all’uso di droghe per via endovenosa, a presidi medici non sterilizzati, trasfusioni di sangue,contatti sessuali con scambio di sangue o in presenza di altre malattie sessualmente trasmissibili, tatuaggi, piercing e trapianti d’organi non controllati, la condivisione di oggetti per la cura personale, come rasoi, spazzolini da denti e attrezzature per la manicure o pedicure, che possono essere contaminati con il sangue. Evitare l’allattamento al seno se i capezzoli sanguinano.
      Il virus persiste nel fegato di circa l’85% delle persone infette. Questa infezione persistente può essere trattata con numerosi farmaci, alcuni giunti a disposizione solo dal 2015. Con i farmaci più moderni si può avere la guarigione in oltre il 90% dei pazienti trattatim ma non in chi ha già sviluppato la cirrosi o il cancro del fegato (epatocarcinoma). Al 2016, non è ancora stato sviluppato un vaccino specifico.
      Sono disponibili test sierologici per rilevare la presenza dell’infezione.
      I sintomi acuti dell’infezione sono generalmente lievi e vaghi, tra cui una riduzione dell’appetito, stanchezza, nausea, dolori articolari o muscolari e perdita di peso. ittero.
      Circa l’80% delle persone esposte al virus sviluppa un’infezione cronica.[40] La maggior parte prova pochi o nessun sintomo durante i decenni iniziali dall’infezione,[40] generalmente solo un po’ di affaticamento. Dopo numerosi anni, l’epatite C cronica può portare allo sviluppo di cirrosi epatica e cancro al fegato. I forti consumatori di alcool,hanno un rischio cinqu volte mggiore che dalla cirrosi si passi al cancro.
      La cirrosi epatica può condurre a ipertensione portale, ascite (accumulo di liquido nell’addome), ecchimosi o sanguinamento, varici (vene dilatate, soprattutto nello stomaco ed esofago), ittero, e una sindrome da deficit cognitivo conosciuta come encefalopatia epatica. Si tratta di una condizione che può richiedere il trapianto di fegato.[42]
      Le infezioni croniche sono in genere asintomatiche durante i primi decenni[40] e quindi vengono più frequentemente scoperte in seguito a indagini effettuate dopo una rilevazione di elevati livelli di enzimi epatici o nel corso di un’indagine di screening in individui ad alto rischio. Il test non è in grado di distinguere tra infezioni acute e croniche.[11]
      Nel 2013, la FDA ha approvato definitivamente il farmaco sofosbuvir per il trattamento dell’epatite C.[52]
      L’arrivo del sofosbuvir ha rivoluzionato tutta la terapia per HCV: dopo oltre un decennio in cui l’unica terapia disponibile era quella basata sulla duplice terapia interferone + ribavirina in questi anni si sta assistendo ad una vera e propria rivoluzione per la cura di questa patologia con queste nuove molecole ad azione diretta sul virus (cosiddetti DAA nell’acronimo anglosassone), che faranno in modo di poter fare a meno dell’interferone e a seguire anche della ribavirina.
      La durata della terapia si riduce infatti a 3-6 mesi contro i 6-12 mesi degli attuali trattamenti; l’efficacia nella eliminazione del virus tende fino al 100% dei casi.
      Purtroppo questi nuovi farmaci sono molto costosi e, con l’obiettivo finale di favorire l’accesso alle nuove terapie per tutti i pazienti affetti da epatite C cronica e garantire al tempo stesso la sostenibilità del SSN, si è reso necessario individuare una strategia di accesso modulata sulla base dell’urgenza clinica al trattamento. Di conseguenza, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), ha individuato i criteri di rimborsabilità prioritaria al trattamento con i nuovi DAA.

    

Epatite D

      L’epatite D è una epatite virale causata dal virus HDV, chiamato anche "virus delta".
      L’HDV è un virus difettivo che contagia l’uomo solo se è già presente il virus responsabile dell’epatite B.
      Può esserci una coinfezione da virus delta o una sovrainfezione. Nel primo caso si può avere una cronicizzazione dell’infiammazione con una sintomatologia più grave; nel secondo si può avere una epatite fulminante che porta rapidamente a morte.
      Le vie di trasmissione del virus dell’epatite D sono simili a quelle per l’epatite B. L’infezione è in gran parte limitata alle persone ad alto rischio di infezione da epatite B, in particolare tossicodipendenti e persone sottoposte a trasfusioni di sangue o derivati non opportunamente controllate.
      Il vaccino per l’epatite B è infatti sufficiente ad evitare anche l’infezione da epatite D.

    

Epatite E

      L’epatite virale E è una forma di epatite virale autolimitante, che ha un periodo di incubazione di sei settimane.
      La mortalità incide molto sui soggetti che contraggono tale epatite, ad esempio è molto pericolosa nelle donne in gravidanza,[2] dove la percentuale si attesta su un 20% dei casi manifestati, soprattutto durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza.[3] Comunque, in generale è più mortale dell’epatite A.
      Anticorpi anti-HEV sono stati riscontrati in topi, ratti, conigli e manguste. Principalmente maiali e cinghiali sono il serbatoio del virus. Fra le fonti di infezioni, la più comune è l’assunzione di acqua contaminata da feci, la trasmissione avviene per via oro-fecale.[4]
      Fra i sintomi e i segni clinici si ritrovano anoressia, febbre, dolori addominali, vomito, nausea, rash, artralgia e diarrea.
      La terapia è principalmente di supporto in quanto nelle persone immunocompetenti l’infezione è autolimitante; in alcuni casi è stata utilizzata la ribavirina. Il trapianto del fegato può essere necessario per i casi più gravi.
      Per quanto riguarda gli adulti l’esistenza di un vaccino ricombinante contro tale forma di epatite si è rivelata molto efficace.[1]
      Sono attuabili i metodi di prevenzione generica, cioè vivere in ambienti igienici e non bere acqua contaminata.[5]

    

Epatite infettiva del cane

      L’epatite infettiva del cane è un’infezione epatica acuta dei cani e  anche nei lupi, coyote, gli orsi e nella volpe.
      I cani si infettano attraverso la via orale o tramite il contatto con urine di animali infetti. Il virus ha una predilezione per gli epatociti, l’epitelio vasale e l’epitelio renale. La replicazione virale avviene inizialmente nelle tonsille, per poi diffondere ai linfonodi locali e, tramite la circolazione sistemica, alle cellule epatiche ed endoteliali.
      Le lesioni includono petecchie/ecchimosi diffuse, fibrina sulla capsula epatica ed eventuale raccolta di essudato chiaro peritoneale.
      Può essere osservata leucocitosi o leucopenia a seconda del tempo trascorso dall’infezione. Gli enzimi epatici (ALT e AST) possono essere aumentati come conseguenza della necrosi epatica. Il danno renale da immunocomplessi può provocare proteinuria.
      Non esiste terapia specifica per il virus: è necessaria terapia fluida intravenosa per compensare le perdite di fluidi causate dal vomito e diarrea, o eventuale trasfusione di sangue in caso di emorragie o coagulopatie.
      La vaccinazione regolare è fondamentale per prevenire l’infezione, fornisce una risposta immunitaria duratura ed è sufficiente un richiamo ogni 3 anni.
     

    

Epatite autoimmune

      L’epatite autoimmune è una forma aggressiva di epatite, infiammazione cronica del fegato, a eziologia sconosciuta e a patogenesi autoimmunitaria.
      Spesso si associa ad altre comuni patologie su base autoimmune come la rettocolite ulcerosa, l’artrite reumatoide, il diabete mellito di tipo 1, la sindrome di Sj&ooml;gren o tiroiditi autoimmuni.
      L’eziologia è sconosciuta, tuttavia l’ipotesi patogenetica più accreditata è che diversi fattori ambientali, virali o farmacologici (minociclina, atorvastatina, trazodone) possano agire come fattori scatenanti in individui geneticamente predisposti.
      I fattori immunitari, unitamente ai prodotti della necrosi epatocitaria, come in tutte le epatopatie croniche stimolano la formazione di fibrociti che modificano l’architettura stessa del tessuto epatico e iniziano il processo irreversibile della cirrosi epatica che è molto accelerato e si compie, senza trattamento, in 2-5 anni.
      La malattia si presenta con un quadro clinico di epatite acuta associata a febbre, nausea e anoressia, cefalea, epatomegalia e ittero. Se non viene riconosciuta e trattata, evolve come una malattia cronica del fegato con dimagrimento, amenorrea e presenza di angiomi stellati. Possono coesistere, inoltre, i sintomi e i segni delle malattie associate, quali dolori articolari, emorragia gastrointestinale e sindrome sicca.
      Le indagini di laboratorio possono mostrare elevazione della concentrazione plasmatica di bilirubina, transaminasi e, talvolta, dell’alfa-feto proteina. Le gammaglobuline sono superiori al 30% al protidogramma e sono presenti gli autoanticorpi. Ltre indagini sono l’albuminemia e gli esami per la valutazione della situazione coagulativa, in particolar modo piastrinemia e protrombinemia. Si rileva un precoce e costante aumento della concentrazione plasmatica di transaminasi (ALT, AST) di 5-10 volte e di immunoglobuline del 30%, soprattutto IgG policlonali, rispetto ai valori normali; presenza di infiltrato linfo-plasmacellulare negli spazi portali con erosione della lamina limitante e sconfinamento periportale, cui segue rigenerazione epatocitaria in forma di "rosette"; presenza di autoanticorpi specifici per il tipo di epatite; esclusione di altre patologie epatiche a eziologia nota.
      Il trattamento si basa sul controllo dell’infiammazione tramite l’utilizzo di corticosteroidi e altri immunosoppressori, quali azatioprina, tacrolimus, micofenolato mofetile e budesonide. L’80% dei casi in forma classica risponde alla terapia. Può rendersi necessario un trapianto di fegato, che risulta efficace nel 74-94% dei casi, con la possibilità di recidiva ridotta dal trattamento antirigetto.

    

Epatite alcolica

      L’epatite alcolica è un’epatite causata da una eccessiva assunzione di alcol. Si trova di solito in associazione con epatosteatosi, uno stadio precoce della malattia epatica alcolica, e può contribuire alla progressione della fibrosi, che porta alla cirrosi. I sintomi sono ittero, ascite (accumulo di liquido nella cavità addominale), ingrossamento del fegato, la fatica e l’encefalopatia epatica (disfunzione cerebrale a causa di insufficienza epatica), moderato aumento degli enzimi epatici, aumento del tempo di protrombina e anche insufficienza epatica, offuscamento dello stato di coscienza e con alti livelli di bilirubina e lunghi tempi di protrombina. I casi gravi possono essere trattati con glucocorticoidi.
      L’epatite alcolica è distinta dalla cirrosi causata dal consumo di alcol. L’epatite alcolica di per sé non porta alla cirrosi, salvo nei pazienti che hanno fatto consumo di alcol per lungo tempo. Alcuni alcolisti sviluppano epatite acuta come una reazione infiammatoria alle cellule colpite dal cambiamento dei grassi. Alcune persone sembrano più inclini a questa reazione di altri. Questa si chiama steatonecrosi alcolica e l’infiammazione predispone probabilmente alla fibrosi epatica.
      La diagnosi viene fatta in un paziente con una storia di notevole assunzione di alcol che sviluppa un peggioramento nei test di funzionalità epatica, compresa la bilirubina e le transaminasi. Il rapporto di aspartato aminotransferasi e di alanina aminotransferasi è di solito 2 o più.[1] Nella maggior parte dei casi, gli enzimi epatici non superano 500. I risultati della biopsia epatica sono importanti per confermare una diagnosi clinica.

    

Epatite virale

      L’epatite virale è un processo infiammatorio (acuto o cronico), che provoca la morte (necrosi) delle cellule del fegato (epatociti) a causa dell’attacco da parte di virus epatotropi (cioè di virus che hanno come bersaglio primario proprio le cellule epatiche). Sono le epatiti già viste sopra, dalla A alla G.
      La malattia insorge dopo un periodo di incubazione che va dalle 4 alle 12 settimane, a seconda del tipo di virus. Il suo quadro clinico si distingue in tre fasi. Iniziale: con nausea, vomito, astenia, e febbre (più frequente nelle epatiti A ed E).Itterica: la pelle e la sclera (la parte bianca dell’occhio) assumono una tipica colorazione giallastra (aumento di produzione di bilirubina da parte del fegato); si ha anche un forte aumento delle transaminasi. Di guarigione: se il decorso è normale, senza complicazioni, i sintomi generali si attenuano gradatamente, con una completa guarigione che va dai 1-2-mesi (epatite A ed E) ai 3-4 mesi (epatite B e D).
      Nel 30% dei casi l’infezione persiste per più di 6 mesi, si parlerà di "epatite virale cronica", con l’interessamento soprattutto dei virus B, C e D.

      Casi: l’epatite virale è molto frequente tra coloro che hanno ricevuto una trasfusione.
      Un primario chirurgo giapponese sperimentò la vitamina C a dosi inferiori a 2 grammi il giorno su pazienti che avevano subito una trasfusione. Su 150 pazienti si verificarono solo 11 casi di epatite virale, cioè il 7%.
      In seguito su 1100 pazienti furono utilizzati da 1 a 2 grammi tre volte il giorno di vitamina C per due settimane subito dopo la trasfusione e non si verificò neanche un caso di epatite virale (ILCDV p666).

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Epidemie

      Si definisce epidemia il diffondersi di una malattia, in genere una malattia infettiva, che colpisce quasi simultaneamente una collettività di individui, ovvero una data popolazione umana, con una ben delimitata diffusione nello spazio e nel tempo, avente la stessa origine e in eccesso rispetto ai valori attesi per quella comunità rispetto a ciò che ci si attendeva, anche se il numero di casi è molto modesto.
      Se l’epidemia si diffonde ad altri paesi o continenti e colpisce un numero considerevole di persone, viene più correttamente definita con il termine di pandemia.
      L’epidemia è causata da una variazione genetica nella popolazione parassita o dall’introduzione di un nuovo parassita che affligge una popolazione ospite (a causa sia di una migrazione di parassiti che di un movimento dell’ospite in aree a maggiore densità parassitaria). Generalmente, un’epidemia si verifica quando l’immunità della popolazione ospite verso il parassita si riduce improvvisamente al di sotto del limite che permette un equilibrio endemico e la soglia di trasmissione viene ad essere superata.
      Affinché si sviluppi un’epidemia è necessario che il processo di contagio tra gli individui interessati sia abbastanza facile. Tuttavia non è facile che un’epidemia cessi, poiché il batterio od il virus che l’ha scatenata potrebbe evolversi con il tempo in modo da acquisire un’invulnerabilità nei confronti di farmaci che lo hanno già contrastato.
      Nel caso in cui gli individui colpiti siano animali, l’epidemia prende il nome di "epi?oozìa".
      Si distingue dall’endemia, che sta ad indicare la presenza stabile e costante, in una popolazione o in un determinato territorio, dell’agente responsabile della malattia, il quale circola dando luogo ad un numero di casi più o meno elevato, ma sostanzialmente stabile, in un determinato arco temporale.

      L’epidemia si verifica o perché è aumentata la virulenza dell’agente infettivo, o per la comparsa di un nuovo agente infettivo o per modifica nella suscettibilità della popolazione verso l’agente infettivo.
      Comunque, si us questo termine anche l di fuori delle malattie contagiose, ad esempio per l’obesità. Tra le condizioni che comportano l’improvviso manifestarsi di un’epidemia vi è la disponibilità di scorte di cibo contaminato, ad esempio il bere acqua infettata da qualche batterio, e la migrazione di popolazioni di alcuni animali, come i ratti o zanzare, che possono fungere da vettori di malattie.
      Secondo alcuni autori lo studio geografico della diffusione di un’epidemia, nonché lo studio della mappa dei punti, appartiene ad una branca dell’epidemiologia definibile come epidemiologia geografica. (sintesi da It.wikipedia.org)

      Secondo gli igienisti:
      - le epidemie sono dovute a presenza di condizioni favorevoli identiche per molte persone. In parole più semplici, quando si ha un abbassamento di temperatura nell’ambiente, tutti ne risentono.
      - i germi sono di solito presenti In tutti. perché allora sono virulenti solo In certi periodi e solo Nei confronti di alcuni portatori?
      - La ragione è che questi, secondo gli igienisti, hanno una minore resistenza soprattutto a causa del sovraffaticamento, abusi o carenze che portano all’enervazione e di conseguenza alla tossiemia.
      - Coltivare abitudini sane aiuta a prevenire Le malattie.
      - Le malattie si sviluppano secondo la diatesi individuale per cui alcuni soffrono di malattie diverse da quella dell’epidemia.
      - Forse la temperatura fa sì che d’estate prevalgano le malattie intestinali e d’inverno quelle respiratorie.
      - Un altro fattore è la paura causata dall’annuncio dell’epidemia da parte dei media: un ipnotizzatore prometteva un brufolo al risveglio dell’ipnotizzato la volta successiva ed esso compariva regolarmente nel punto previsto (Ig51p13).
      - Comunque, le persone con sane abitudini non cadono vittime delle epidemie (Ig34p11 - 14). I casi fatali, in quasi tutte le epidemie, riguardano i grandi mangiatori indeboliti, tossiemici e infetti dalla putrefazione negli intestini (LTCPDM p97).
      - (Inoltre, gli igienisti condividono l’opinione di Molière il quale aveva affermato, già nel diciassettesimo secolo, che la maggior parte delle persone muore a causa delle medicine e non delle malattie (ALRDUSP c36)).
      Nel libro Guarire con la vitamina C si può leggere che lo scorbuto, oggi attribuito a una grave carenza di vitamina C, era attribuito alle epidemie. Un ammiraglio nel 1593 aveva salvato la vita ai suoi marinai somministrando loro limoni e arance durante una lunga traversata. Ne avvisò l’ammiragliato britannico, ma esso accolse la raccomandazione rivoltagli solo due secoli più tardi. Nel frattempo, grazie a quella stolta opinione medica e alla testardaggine umana erano morti per scorbuto milioni di marinai.


    

Epilessia

      L’epilessia è una condizione neurologica alcune volte cronica, altre transitoria caratterizzata da ricorrenti e improvvise manifestazioni con improvvisa perdita della coscienza e violenti movimenti convulsivi dei muscoli, dette "crisi epilettiche". Questi eventi possono avere una durata molto breve, tanto da passare quasi inosservati, fino a prolungarsi per lunghi periodi. Nell’epilessia, le convulsioni tendono a ripetersi e non vi è una causa sottostante rilevabile nell’immediato.
      L’epilessia può essere il risultato di alcune lesioni cerebrali, a seguito di un ictus, per un tumore al cervello o per l’uso di droghe e alcol, per mutazioni genetiche, traumi cranici e infezioni del sistema nervoso centrale. Gli attacchi epilettici sono il risultato dell’attività eccessiva e anormale dei neuroni (le cellule del cervello) della corteccia cerebrale. In genere la diagnosi consiste nell’escludere altre possibili condizioni che possano causare sintomi simili,
      Gli attacchi epilettici vengono generalmente controllati grazie ai farmaci in circa il 70% dei casi.
      In coloro che non rispondono alla terapia farmacologia si può fare ricorso alla chirurgia, alla neurostimolazione o a cambiamenti nell’alimentazione. Non tutti i casi di epilessia sono permanenti e molte persone possono andare incontro a miglioramenti tali da non rendere più necessari i farmaci.
      Quasi l’80% dei casi si riscontrano nei paesi in via di sviluppo.
      L’epilessia è uno dei più comuni disturbi neurologici gravi. Le condizioni genetiche, congenite e di sviluppo, sono le cause dell’epilessia più spesso associate ai giovani pazienti, i tumori sono più probabili nelle persone oltre i 40 anni, mentre i traumi cranici e le infezioni del sistema nervoso centrale possono verificarsi a qualsiasi età. Le persone più svantaggiate negli aspetti socio-economici sono a maggior rischio. Nei paesi industrializzati, il tasso di incidenza è diminuito nei bambini ma è aumentato tra gli anziani, nel corso dei tre anni precedenti al 2003.
      Si possono presentare crisi convulsive toniche e crisi convulsive cloniche, dette anche "crisi generalizzate" o "grande male", che originano da entrambi gli emisferi del cervello.
      Altri attacchi epilettici sono di tipo non-convulsivo: si tratta solo di ub’assenza tipica o "piccolo male" che si presenta come una diminuzione del livello di coscienza con una durata di circa 20 secondi.
      Le crisi parziali sono spesso precedute da una tipica esperienza, nota come aura. Questa può includere manifestazioni sensoriali (visive, uditive e/o olfattive). Spasmi improvvisi possono iniziare in un gruppo muscolare specifico per poi diffondersi ai muscoli circostanti. Possono, inoltre, verificarsi improvvisi automatismi: questi sono attività motorie non-consapevolmente eseguiti e inerenti per lo più a semplici movimenti ripetitivi come schioccare le labbra o attività più complesse come il tentare di raccogliere qualcosa.
      Gli attacchi epilettici si presentano come una contrazione degli arti seguita dalla loro estensione con un inarcamento della schiena della durata variabile tra i circa 10 e i 30 secondi (la fase tonica e tonico-clonica). Un grido può essere emesso a causa della contrazione dei muscoli del torace. Questo è seguito da uno scuotimento all’uninsono degli arti (fase clonica). Le crisi toniche producono contrazioni costanti dei muscoli. Una persona spesso assume un colorito cianotico in seguito alla sospensione della respirazione. Nelle cloniche vi è scuotimento degli arti all’unisono. Al termine della fase potrebbero essere necessari 10-30 minuti affinché la persona torni alla normalità: questo periodo è chiamato "fase post-critica" o "fase di risoluzione". La perdita di controllo della vescica o dell’intestino possono verificarsi durante una crisi. Nel corso di una crisi la lingua può essere morsa, o nella punta o sui lati. Negli attacchi tonico-clonici i morsi ai lati risultano più frequenti. Morsi alla lingua sono, inoltre, relativamente più frequenti nelle convulsioni psicogene non epilettiche.
      Vi sono prove che dimostrano che le crisi epilettiche non sono solitamente eventi casuali ma che spesso sono causate da fattori come la mancanza di sonno, lo stress o luce lampeggiante. "Soglia epilettogena" è il termine usato per indicare la quantità dello stimolo necessario perché si verifichi un attacco. Nei pazienti epilettici tale soglia appare molto più bassa rispetto alla popolazione sana.
      L’epilessia è solitamente trattata mediante l’assunzione giornaliera di farmaci amticonvulsivanti, o con la chirurgia col tgio dell’ippocampo o del corpo calloso o di alcune parti della corteccia, oppure si ricorre alla neurostimolazione: la stimolazione del nervo vago, la stimolazione talamica anteriore e la stimolazione di risposta ad anello chiuso. o ancora alla dieta chetogenica, cioè ricca di grassi e povera di carboidrati, ma è efficce solo nel 30% dei casi e genera preoccupazione per il rischio di malattie cardiache. Sembra essere utile l’attività fisica.
      Gli effetti collaterali dei farmaci possono essere un cambiamento di umore, sonnolenza o una andatura instabile, eruzioni cutanee, tossicità epatica o soppressione del midollo osseo.
      La medicina alternativa, tra cui l’agopuntura, non dà alcuna prova affidabile a sostegno per essere consigliate nel caso di epilessia. Anche l’uso di melatonina non trova riscontro.
      Al di là di sintomi delle malattie di base che può essere alla base di una parte degli eventi epilettici, le persone con epilessia sono a rischio di morte per quattro problemi principali: stato di male epilettico, suicidio associato alla depressione, traumi da convulsioni e morte improvvisa da epilessia (SUDEP) Quelli a più alto rischio di decesso presentano alla base danni neurologici e crisi epilettiche scarsamente controllate, in genere quelli con sindromi epilettiche più benigne vedono un minor rischio di morte.
      Alcuni disturbi sembrano verificarsi con maggior incidenza nelle persone affette da epilessia. Essi includono: depressione, stato d’ansia, emicrania, infertilità e bassa libido sessuale. La sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) colpisce i bambini epilettici da tre a cinque volte di più rispetto ai bambini della popolazione generale. L’ADHD e l’epilessia possono avere significative conseguenze per il comportamento di un bambino, nel suo apprendimento e nella sua vita sociale. L’epilessia è comune nell’autismo.
      In alcuni Paesi è vietato il matrimonio agli epilettici, altrove è negata la possibiltà di conseguire la patente di guida.
      Le persone con epilessia hanno un aumento del rischio di morte. Tale aumento si stima sia compreso tra le 1,6 e 4,1 volte superiore alla popolazione generale ed è spesso legata alle cause della crisi, allo stato epilettico, al suicidio, ai traumi e SUDEP.
      L’epilessia si riscontra anche in un certo numero di altri animali, compresi cani, dove rappresenta il disturbo cerebrale più comune, e nei gatti. Tipicamente viene trattata con anticonvulsivanti, come il fenobarbital o il bromuro nei cani e il solo fenobarbital nei gatti. (sintesi da it.wikipedia.org)

      Seconndo gli igienisti:
      L’epilessia è una sindrome neurologica caratterizzata dal periodico ripetersi di manifestazioni psicofisiche improvvise, quali sospensione o perdita della coscienza, stato confusionale, movimenti automatici e, nelle forme più gravi, convulsioni muscolari, dilatazione delle pupille, cianosi del volto, emissione di bava.
      Il dottor Rabagliati notò che il digiuno sembrava “di grande efficacia nel trattamento dell’epilessia”. “Il dottor Clemmessen scoprì che nella grande maggioranza dei casi il digiuno permette agli attacchi di cessare entro quattro – cinque giorni” (IDT p67).
      Casi: Fry parla di carenze proteiche ma poi dice che una ragazza guarì con tre settimane di digiuno seguite da cibi crudi, liberandosi nel frattempo anche dell’acne e di 9 chili di sovrappeso (CD1 5ª C).
      Vedere il terzo caso nel capitolo ESEMPI DI DANNI DEI FARMACI.

      Tra le possibili cause di attacchi epilettici c’è un’alimentazione ricca di glutine (come sta scritto anche nella pagina regime-di-fazio di questo blog, che consiglio di visitare). Riporto qui da tale pagina quanto scritto in essa riguardo al glutine.
      IL GLUTINE oltre a favorire il morbo celiaco, rende "sordo" il sistema immunitario e così favorisce l’ingresso di virus, batteri, cellule tumorali, inquinanti.
      Oggi sono reclamizzate le paste con farine scurite artificialmente e arricchite di glutine fino al triplo assicurando che non scuociono e non si attaccano alle pentole e che contengono il doppio o il triplo del glutine presente nel grano di una volta, quando rappresentava il 5-7% della farina, mentre oggi arriva al 17-18% e anche al 21%.
      È molto meglio usare farine di grano naturale, locale, lavorato in piccoli mulini piuttosto che il grano delle moderne coltivazioni industriali.
      Secondo l’esperienza della dottoressa Di Fazio, da un elevato consumo di glutine derivano anche malattie linfoproliferative, come leucemie, linfomi e mielomi.
      Inoltre, secondo ricerche americane un’infiammazione gastrointestinale in un soggetto celiaco (consapevole o no di esserlo) produce effetti negativi anche sul cervello producendo emicranie croniche, episodi di schizofrenia, attacchi di epilessia, ictus ischemico da coagulazione del sangue nel cervello, sclerosi laterale amiotrofica o SLA, morbo di Parkinson e di Alzheimer o anche malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide (p121-131).
      C’è chi teme che oggi un elevata percentuale della popolazione sia a vario livello affetta da intolleranza al glutine e che l’uso di prodotti di parecchi cereali insieme (orzo, grano e segale) peggiori la situazione.
      IL FARRO contiene meno glutine e la dottoressa lo consiglia a chi non ha patologie né tendenza familiare ad esse, magari in alternanza con paste fatte con grani autoctoni (tumminia siciliana o la Senatore Cappelli) coltivate e molate come un tempo.
     
      IL SEITAN è costituito dal glutine del grano, che è povero di lisina. è aggiunto dai vegetariani a un’alimentazione ricca di zuccheri, pertanto contribuisce a favorire ancora di più i tumori e la steatosi epatica.
      È poverissimo di vitamine, minerali (ad esempio il ferro).
     
      Anche il KAMUT, che non è una varietà di grano, ma il nome di una ditta americana, vende un prodotto che è magari più digeribile di altri ma è anch’esso più ricco di glutine del grano duro ed è meglio evitarlo.


    

Epistassi

      L’epistassi è chiamata anche sanguinamenti dal naso ed è costituita da un’emorragia attraverso il naso dovuta a cause locali (quali traumi, interventi chirurgici, inalazione di sostanze tossiche, riniti, tumori) o a cause generali (ipertensione arteriosa, insufficienza epatica, malattie del sangue, malattie infettive o ipovitaminosi).
      Secondo gli igienisti:
      - l’epistassi proviene di solito da eccesso di sangue nel naso, catarri nasali, ipertensione, anemia, discinesia, uremia, carenza di fibrine sanguigne o anche dal grattarsi il naso e conseguente necrosi di un vaso sanguigno.
      - l’epistassi può rappresentare una valvola di sicurezza in soggetti apoplettici (Ig41p16).
      - Bisogna curare l’eventuale ipertensione (Ig45p29) o le altre malattie.
      Non ho trovato esplicitamente altri suggerimenti. Ho però letto di casi di sanguinamento dovuti ad anicogulanti, cisti ovariche, colite ulcerosa, emofilia, riapertura di ferite precedenti a causa dello sballottamento sulle ambulanze, incidenti, mestruazioni vicarianti, uso di mostarda o alla stitichezza e che vanno risolti curando tali patologie o facendo più attenzione, (nel caso dello spostamento di feriti).


    

Ereditarietà

      L’ereditarietà è la trasmissione dei caratteri da una generazione all’altra, ad esempio il colore degli occhi, la forma del corpo, ecc. e, secondo la medicina tradizionale, anche le malattie.
      Secondo gli igienisti:
      di solito non è trasmessa la malattia, ma la predisposizione degli organi ad ammalarsi più facilmente;
      l’ereditarietà rende più difficile anche la guarigione (Ig34p19).
      Tuttavia spesso è un errore pensare all’ereditarietà, appena si vede il ripetersi della medesima malattia nei membri della stessa famiglia: si potrebbe trattare invece delle conseguenze dei medesimi errori nell’alimentazione o nello stile di vita dei membri di una famiglia (Ig65p38).
      Oltre alle alterazioni del SNA prodotte da enzimi, radiazioni o sostanze nocive, non escluderei che si possano incorrere in anomalie acquisite nel DNA, supponendo che l’organismo non abbia a disposizione gli aminoacidi necessari da inserire nelle due catene del DNA, a causa di una nutrizione sistematicamente squilibrata.
      Intendo affermare che anche alcuni casi di malattia attribuiti troppo precipitosamente all’ereditarietà potrebbero essere guariti con un’appropriata alimentzione.


    

Erisipela

      Placche eritematose di colore rosso vivo, ben demarcate.
      Secondo l’igienismo, si cura con pulizia e succhi di frutta o digiuno (AIAB p280).


    

Ernia

      É un gonfiore molle originato dalla fuoriuscita di una parte di un viscere.
      Mosséri afferma:
      - Bisogna evitare di confonderla con i gonfiori dovuti ad ascessi, accumuli di liquidi, ghiandole linfatiche ingrossate, ecc.
      - Non permettere a dei venditori di cinture o ai dottorucoli di interferire: essi dilatano il canale inguinale con le dita e invitano il paziente a tossire e ciò può causare un’ernia che altrimenti si sarebbe manifestata molto tempo dopo (EEVEP p6).
      - ai primi stadi Si prova un dolore muscolare Nel basso ventre che diventa più acuto tossendo.
      - Applicando subito le cure si previene lo sviluppo dell’ernia.
      - Essa è dovuta al deterioramento dei tessuti addominali per mancanza di esercizio di essi e a cattiva salute per alimentazione eccessiva o malsana, a eccessivo consumo di liquidi, eccesso di tossine, sale, pasta, riso, dolci, pesce, tè, alcol, tabacco, ecc.
      - Il ricorso al cinto erniario non elimina le cause dell’ernia e quindi non la guarisce, anzi aggrava la debolezza della muscolatura addominale. La cintura non previene la strozzatura dell’ernia, né i casi fatali. Va usata solo in via provvisoria in attesa di rinforzare la muscolatura addominale, mai comunque mentre si sta coricati o durante la siesta o gli esercizi;
      - Quanto segue si riferisce solo all’ernia riducibile, cioè a quella in cui il gonfiore può essere fatto rientrare nella propria sede, magari semplicemente coricandosi supini su una tavola inclinata, con i piedi dalla parte alta.
      - Per le persone obese può essere impossibile ridurre l’ernia per mancanza di spazio nell’addome: esse prima devono liberarsi dell’=> Obesità con il digiuno seguito da una dieta severa.
      - Altre volte la riduzione è impossibile a causa delle aderenze, che saranno eliminate gradualmente con gli esercizi.
      - Nel caso dell’ernia strozzata, il dottor Jennings affermava di essere riuscito ad ottenere risultati abbastanza soddisfacenti con la seguente procedura:
      1 - tenere il paziente a letto al caldo;
      2 - applicare sulla protuberanza un grande cataplasma morbido e tiepido;
      3 - sollevare i piedi dal letto;
      4 - lavare il paziente con poca acqua tiepida senza provocargli dolore né disturbo. Passata un’ora o due sarà molto più facile ridurre l’ernia, operazione da eseguire senza violenza.
      - Dopo aver eliminato le suddette cause dell’ernia, fare esercizi in posizione supina sulla panca inclinata - dopo aver fatto rientrare l’ernia - cominciando da esercizi leggerissimi da ripetere dieci volte:
      1 - sollevare le gambe verso l’alto, una alla volta, poi insieme;
      2 - sollevare il tronco dalla panca e ruotarlo verso destra e verso sinistra dopo aver bloccato i piedi alla panca con una corda.
      3 – in seguito fare l’esercizio precedente tenendo nelle mani una barra di ferro o dei manubri dietro la testa.
      - Aumentare gradualmente i pesi man mano che i muscoli Si rinforzano. lo stesso fare Quando Si sollevano Le gambe.
      - (Altri esercizi e dettagli sul libro “Ernia, emorroidi, varici e prolassi”), alimentazione da correggere, digiuno settimanale, riposo, sessualità al minimo (EEVEP p17).
      - L’ernia dei bambini è dovuta spesso al troppo cibo. Ridurre il cibo e affidare il bambino a specialisti di ginnastica correttiva (AIAB p281).
      - i giovani guariscono molto più In fretta degli anziani.
      - Ricorrere all’intervento chirurgico solo quando è inevitabile, anche perché facilmente l’ernia si riforma.
      Ernia iatale: Mosséri afferma che non può essere guarita né col digiuno, né con gli esercizi, né con l’operazione chirurgica (JPR p43).


    

Eruzioni

      Risp.: un tale affermava: ho mangiato l’estate passata molti manghi e ciò mi ha dato un’orticaria sulle mie cosce. Questo è un sintomo di allergia?
      No, non è un sintomo di allergia. è un sintomo che denota un corpo molto intossicato. I manghi non hanno causato l’orticaria, hanno permesso piuttosto al corpo di sbarazzarsi delle vecchie tossine.
      Le eruzioni, i foruncoli, i bottoni, eccetera, sono molto correnti quando si modifica il regime e le tossine escono. Non bisogna confondere questi problemi cutanei con le allergie. Non si è allergici agli alimenti sani. Si è " allergici " alle tossine e ai veleni nel corpo (Ig66p36).


    

Esaurimento nervoso

      (Sintomi: stanchezza e debolezza fisica e mentale, difficoltà a concentrarsi, dolori, difficoltà a rilassarsi, vertigini, mal di testa, difficoltà nel sonno, riduzione della capacità di provare emozioni piacevoli, umore irritabile).
      Secondo gli igienisti:
      - il cervello è l’organo della mente ed è soggetto alla tossiemia generale come tutti gli altri organi.
      - Se non ci ammala tutti della medesima malattia è perché la predisposizione (la diatesi individuale) è diversa e diverse sono le abitudini e l’ambiente, le occupazioni che stressano maggiormente questo o quell’organo.
      - Stimolanti, deprimenti e tranquillanti per sopprimere e palliare i sintomi aumentano il deterioramento generale dell’organismo.
      - il riposo è più importante degli stimolanti.
      - i tranquillanti producono uno stato di depressione.
      - L’esercizio fisico giova più dei deprimenti e dei tranquillanti;
      - La cosa più benefica per i malati nervosi e mentali è l’eliminazione delle tossine, non le medicine.
      - una dieta di Alimenti sani è più benefica di qualsiasi medicinale per restaurare cervello e nervi.
      - è più utile abolire caffè, tè, tabacco e alcol che andare dallo psichiatra (Igpuri27, Ig58p26 - 28).


    

Esercizio

      Quando una persona soffre di qualche malattia cronica o sta ricuperando da sintomi acuti, l’esercizio può avere un ruolo importante e vitale per restaurare la sua salute (Ig68p36).
      Come abbiamo detto, esiste un rapporto normale e inseparabile tra la mente ed il corpo. Quando c’è un squilibrio tra questi due, il potenziale dei due ne soffre. La Natura li ha uniti con un legame intimo e delicato. La mente dipende non solo dal corpo affinché sia nutrito dal sangue, ma con la stimolazione sensoriale che procura con gli occhi, gli orecchi, il naso, la pelle e la lingua. La Natura ha legato il corpo e la mente così che tirano insieme in un’armonia perfetta. Finché ciò è possibile, tutto è va bene.
      Ora la filosofia dell’Igienismo bacia le verità semplici della vita e riconosce che la vita è movimento e che perdiamo ciò che non utilizziamo. Ma non basta fare un solo tipo di esercizio per sviluppare armoniosamente il corpo e avere la massima salute, ma bisogna fare esercizi vari per far arrivare il nutrimento e lo stimolo a tutto il corpo. A volte occorre fare anche esercizi correttivi per rimediare … (Ig68p37).
      “L’esercizio è una benedizione di cui non dobbiamo privarci. Dovremmo esercitarci preferibilmente tutti i giorni ma non meno di quattro volte per settimana. L’esercizio praticato secondo i nostri limiti, ci procura solamente dei benefici e non inconvenienti. Sotto forma di jogging, di esercizi a mani libere, giardinaggio, bicicletta, nuoto, marcia veloce, eccetera, una mezz’ora ogni giorno non riduce il nostro tempo da svegli! Difatti, ciò diminuisce di altrettanto il nostro bisogno di dormire!
      L’esercizio ci fa vivere in armonia. L’eliminazione è accelerata talmente dall’esercizio che si produce una pulizia straordinaria nell’organismo. Non solo il corpo elimina il biossido di carbonio supplementare generato durante un esercizio vigoroso, ma questo occasiona anche il rigetto delle tossine accumulate e consumate degli alimenti malsani, dei medicinali e delle tossine che provengono dalla sovralimentazione, dalle cattive mescolanze alimentari, dallo stress, ecc..
      Un corpo puro, meno intossicato ha bisogno di meno energia. E un consumo inferiore di energia significa meno energia da generare, e di conseguenza meno sonno necessario per chi si esercita regolarmente” (Ig66p9).
      L’essenza reale delle cure, coi mezzi igienisti ai malati risiede nelle cure appropriate, ivi compreso l’adeguamento preciso di questi mezzi normali della vita ai bisogni correnti del corpo o alla capacità dell’organismo svantaggiato di farne un uso costruttivo.
      Se utilizziamo il digiuno o un regime ristretto, è perché l’organismo malato è incapace di utilizzare un menù completo. A proposito della corsa si legge che “è un mezzo semplice ed efficace per stimolare la circolazione ed esercitare il cuore. Procura una richiesta dolce, costante e prolungata al cuore, più di una serie di esercizi corti, intervallati e balistici. La corsa esercita simultaneamente parecchie parti del corpo. Si può adattarlo all’età e allo stato fisico dell’individuo e si può praticare in qualsiasi momento e ovunque. Un altro vantaggio della corsa, è che non necessita di apparecchi né di attrezzature così che il suo costo è basso. La corsa è una buona terapia per ridurre l’ansietà e la depressione.
      Si sono rivolte, però, parecchie critiche alla gara podistica in quanto esercizio, a causa del grande numero di incidenti. E’ così che un censimento recente ha svelato che il 22% dei corridori soffrono di danni al ginocchio, il 20% del tendine di Achille, il 10% di scheggia alla tibia e il 9% di frattura o di storta al piede. I diversi esperti che praticano loro stessi la corsa si accordano a dire che la causa dei problemi sono il sovraffaticamento, le scarpe inadatte, la mancanza di flessibilità e delle tecniche inadatte di corsa. Secondo il dottore George Sheehan, la gara podistica causa la perdita di flessibilità della schiena delle gambe.
      A causa di ciò:
      - Evitare anche di correre su del cemento duro per evitare i danni,
      - Scegliere delle scarpe adatte di buona qualità.
      - Praticare degli esercizi di stiramento per bloccare la mancanza di flessibilità causata dalle reazioni contrattili della corsa e per migliorare la forza muscolare generale dei grandi gruppi di muscoli implicati (Ig68p38).


    

Esercizi di respirazione profonda

      Sono raccomandati da varie scuole naturopatiche.
      Secondo l’igienista Mosséri sono esercizi inutili:
      perché non è vero che ci sia aria stagnante nei polmoni, altrimenti le cellule polmonari sarebbero distrutte dalle sostanze tossiche come l’anidride carbonica, il monossido di carbonio e l’acido carbonico;
      la respirazione forzata non aumenta le dimensioni della cassa toracica;
      perché quando si forza la respirazione il cervello frena l’ingresso del nuovo ossigeno e si satura della sua anidride carbonica.
      La respirazione utile è quella che proviene spontaneamente da un’attività fisica vigorosa come la corsa o la volata.
      Allora il corpo si svilupperà per far fronte alle esigenze dell’esercizio fisico (Ig49p6).


    

Esofagite

      Infiammazione catarrale dell’esofago che si accompagna a catarri della gola e dello stomaco.
      Secondo Mosséri è curabile come la =>Gastrite e la =>Faringite (LA 2° p106).


    

Estrogeni

      Pare che la stessa ditta (Ayerst) che li produce, affermi che essi possono moltiplicare per 5 - 10 volte il rischio di coaguli nelle gambe o nei polmoni, di cancro dell’endometrio, tumori al seno, al collo dell’utero, alla vagina, al fegato, malattie della vescica, itterizia.
      Inoltre se presi durante la gravidanza, potrebbero causare dei difetti al bambino o eventuali tumori più tardi alle bambine (LJMRDLN p33 - 34).

* * *

      Gli estrogeni sono antagonisti della tiroide e della vitamina E e viceversa (ILCDV p365 - 366).

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