3 - FARMACI: SPESSO SOLO PALLIATIVI
La triste sorte del dottor Jennings (di cui al
capitolo 1), quando ebbe confessato ai suoi clienti che le sue pasticche non
contenevano sostanze medicinali, prova quanto sia radicata nella gente la
convinzione che siano le medicine a guarire le malattie.
Per mostrare i limiti
delle terapie della medicina ufficiale, occorre pertanto esaminare i principali
meccanismi di azione dei farmaci. Essi si potrebbero chiamare:
1 - Ula neutralizzazioneU, ciò avviene quando il farmaco impedisce a una sostanza corporea di
produrre i suoi effetti normali.
Così l’enzima renina, secreto dai reni, produce
l’angiotensina I; questa, per opera di un altro enzima (ACE), è trasformata in
angiotensina II, la quale fa contrarre le arteriole e, nei casi in cui è in
quantità eccessiva, causa l’ipertensione essenziale.
Adatti farmaci sono capaci di impedire tali
trasformazioni e così evitano che la pressione aumenti.
Tutto ciò, però, non elimina l’eccessiva produzione della renina da parte
dell’organismo, sicché è necessario continuare ad assumere ogni giorno le
medicine per impedire l’aumento della pressione sanguigna.
Se al contrario si elimina la causa di tale
sovrapproduzione, l’organismo cessa di produrre renina in eccesso, e la
pressione non aumenta più.
Gli igienisti affermano che la causa dell’eccessiva
produzione di renina è l’accumulo di tossine nell’organismo.
Perciò essi cercano di liberare l’organismo dalle
tossine. In tal modo non solo guarisce l’ipertensione essenziale, ma cessano
anche le altre conseguenze dell’eccessiva presenza di tossine nell’organismo.
2
- Ula sostituzioneU: un esempio è l’insulina
che è somministrata ai diabetici per rimediare all’incapacità del loro pancreas
di produrne a sufficienza. Tale medicinale però non è capace di restituire al
pancreas la capacità di secernere insulina ed è necessario prenderlo a vita.
Usare l’insulina, magari trascurando di misurarsi
ogni volta la glicemia, oltre ai soliti effetti indesiderati e a rappresentare
una schiavitù, comporta il rischio di cadere in coma e di morirne. Inoltre, può
succedere che il diabetico rischi un serio incidente stradale occasionato dallo
sbalzo della glicemia.
D’altra
parte, gli estratti ghiandolari ingeriti come medicinali finiscono col causare
l’atrofia delle ghiandole che
producono gli ormoni corrispondenti; ad esempio la somministrazione
dell’insulina col tempo causa l’atrofia definitiva del pancreas rendendo
veramente incurabile il => Diabete (SADEAI p14); analogamente il => Cortisone
per ciò che riguarda le ghiandole surrenali, gli enzimi digestivi per l’atrofia
delle ghiandole gastriche, ecc. (Ig41p5).
Secondo gli igienisti è invece possibile nei primi
mesi o anni di tale insufficienza, guarire il pancreas mettendolo a riposo per
un certo periodo e fargli così recuperare la sua efficienza (come si recupera
l’efficienza dei muscoli stanchi dal lavoro), risparmiando in tal modo fastidi,
inconvenienti e spese.
3
- UL’uccisione dei germi o l’inattivazione dei virusU.
Anche in questo caso si tratta – al tempo stesso -
di una sostituzione, visto che l’organismo saprebbe distruggere da sé i germi o
i virus, come è riconosciuto dalla stessa biologia (BCEM p755).
Tale meccanismo presenta l’inconveniente di essere
dannoso anche al malato:
- il
quale in qualche caso, per fortuna raramente, muore subito per “anafilassi” (gli igienisti dicono “per
avvelenamento”).
- Negli
altri casi i medicinali sono comunque dannosi: ad esempio indeboliscono il sistema immunitario distruggendo la flora batterica
intestinale fino – nei casi estremi - a causare l’AIDS nei trattamenti prolungati
e a dosi massicce - e questo rischio è ammesso dallo stesso scopritore dell’HIV
(LH14p7);
- oppure danneggiano altri organi, come il midollo
osseo, col risultato di gravi anemie o altre serie malattie.
Si sa bene che il sistema immunitario è capace di
uccidere i germi, quindi non è necessario correre quei rischi.
Gli igienisti lo confermano testimoniando di aver
visto guarire molti malati di polmonite e di tante altre malattie senza bisogno
di ricorrere alle medicine e con una mortalità bassissima o nulla.
Inoltre all’inizio del secolo scorso sono stati
fatti esperimenti su alcuni volontari ai quali furono somministrati i bacilli
di numerose malattie senza che ne derivasse alcuna malattia (LGDS c1). Vedere
più ampiamente il capitolo LE MALATTIE.
4
- ULa sedazione e la narcosiU.
Quest’ultima è necessaria – nonostante i suoi
inconvenienti - quando occorre un intervento chirurgico.
Al contrario secondo gli igienisti i sonniferi e i
barbiturici non apportano veri benefici poiché essi producono uno stato che col
sonno vero ha in comune solo lo stato d’incoscienza e che non riposa veramente e inoltre procura danni al sistema nervoso.
La sedazione sarebbe il risultato della faticosa
lotta delle cellule nervose per impedire che la medicina penetri al loro
interno danneggiandole.
È meglio quindi stare svegli e più rilassati che
sia possibile, anziché prendere tali medicine.
Anche l’=> Insonnia è il risultato della
tossiemia, per cui bisogna liberarsi di essa con l’aiuto del digiuno e del
riposo, come si vedrà nella corrispondente voce del repertorio.
Gli antidolorifici paralizzano il sistema nervoso e
lo danneggiano; inoltre impediscono
all’organismo di adottare le misure idonee per la guarigione: ad esempio in
fisiologia si insegna che una vena ferita si contrae alla sua estremità. Le
piastrine del sangue tappano la vena ferita e formano un coagulo…. Gli
antidolorifici invece bloccano l’impulso nervoso verso la parte ferita e insieme
agli antibiotici ritardano o impediscono lo sforzo riparatore dell’organismo,
il che può portare ad un’emorragia interna fatale (IAIN p94, LH16p2, Ig49p2).
Il paziente è contento perché si sente meglio in un
attimo ma non sa che il dolore ha la funzione di avvertirlo che c’è qualcosa
che non va.
Se zittisce il corpo, finirà con l’avere problemi
ben più seri in futuro.
Così il calciatore che, avvertito un dolore a una
giuntura, prende il cortisone e continua a giocare, rischia di ridurla in condizioni
assai più gravi;
Analogamente, se si prende un antidolorifico in
occasione di una colica epatica derivante dal tentativo di espulsione di un
calcolo biliare, esso torna indietro e il dolore ritorna un poco più tardi.
5- ULa stimolazioneU.
Secondo gli igienisti è uno dei fenomeni più
ingannevoli e nocivi poiché mentre sembra
che procuri nuove forze al malato, in realtà le esaurisce ancora più in
fretta. È in tal modo che le frustate a un cavallo stanco finiscono col farlo cadere
esanime in anticipo, mentre il riposo lo riporterebbe alla normale efficienza.
Stesso discorso riguardo ai cardiotonici che secondo gli igienisti possono dare
il colpo di grazia ad un cuore già stanco (SADEAI p88).
Un altro esempio è quello dei lassativi: le prugne
contengono l’acido benzoico che è una sostanza nociva. Per allontanarla
l’organismo svuota l’intestino, stancandosi ancora di più, col risultato che la
stitichezza aumenta per il futuro. Cioè non sono i lassativi a svuotare
l’intestino del malato, ma è l’organismo stesso.
In modo analogo agirebbero i diuretici, i
diaforetici, gli emetici.
Pertanto quando il malato non reagisce al farmaco,
è perché non ne ha più le forze, che la medicina ufficiale ha dilapidato,
mentre l’igiene naturale saggiamente si adopera per conservarle e aumentarle.
Come esempio di ciò, si ricorda che il principe
consorte della regina Vittoria era sofferente di una febbre gastrica. Il medico
gli somministrò abbondantemente alcol per sostenere il suo sistema, ma il
principe morì improvvisamente. Suo figlio, affetto dalla medesima malattia e
curato allo stesso modo, stava per morire anche lui, ma fu chiamato un altro
medico che sostituì il latte all’alcol. A tal punto il giovane guarì rapidamente
(Ig22p15).
Anche la guarigione di un’ulcera con un impacco di
consolida è attribuita da un igienista ad una sorta di stimolazione:
l’organismo chiude l’ulcera per impedire l’entrata di sostanze tossiche
nell’organismo, il quale resterà così intossicato e sarà indotto a scaricare le
sue tossine creando un’altra ulcera altrove. Al contrario se il paziente avesse
fatto ricorso al digiuno l’ulcera sarebbe guarita rapidamente e senza che ne
venisse aperta un’altra (Ig63p28).
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